lunedì 1 novembre 2010

Carestia di pescato in Groenlandia orientale


Sermiligaaq, il cui nome significa il bellissimo fiordo ghiacciato, è uno dei paesi più poveri di Ammassalik.
Si è sempre sostenuto sulla vendita del pescato, ma questo 2010 è stato un anno di grande carestia, e lo stabilimento della lavorazione del pesce è stato chiuso.
Anche qui, come a Tiniteqilaaq e gli altri piccoli villaggi, i proventi derivanti dalla vendita del pesce sono scomparsi.
La sopravvivenza di queste piccole popolazioni è ora lasciata solo alle foche che riescono a cacciare e al sussidio governativo.


(da: Inuitdellario.blogspot.com)

"Si tagliano la gola col coltello da caccia"
Robert Peroni è chiaro su questo punto. Se qualcosa non cambia subito, entro l'estate del 2012 rimarranno ancora solo poche centinaia di Inuit nel villaggio di Tasiilaq.
E' dunque necessario che i governi, le associazioni ambientaliste e gli Inuit dialoghino per trovare un comune accordo, e una visione più inclusiva del punto di vista nativo.

Raconta:
"In autunno un cacciatore di un villaggio costiero mi ha invitato al suo insediamento.
Ho accettato l'invito e dopo i soliti preparativi ci siamo messi in viaggio con la lancia a motore.
E' un viaggio lungo, che impiega quasi un'intera giornata.
A un certo punto, l'Inuit, avendo scorto a distanza la testolina di una foca, mi ha passato la guida del motore pregandomi di aiutarlo a catturare l'animale.
Alla richiesta ho superficialmente detto di sì, mentre dentro al cuore facevo il tifo per la foca. Speravo che sparisse. La facesse franca. E così fu.
La piccola voce pacifista e ambientalista che mi affiorava dentro aveva vinto.
Arrivati al villaggio, ho incontrato una decina di persone sulla spiaggia. C'erano nel gruppo dei bambini, e anche degli anziani. Sorridevano al primo sguardo, quella mia visita aveva spezzato la consueta routine.
Purtroppo all'ora di cena, si svelò la terribile verità.
Da una mano all'altra, passavano una lunga lisca di un pesce che era oramai stata quasi totalmente spolpata.
Scoprii allora che quella gente non aveva mangiato, veramente mangiato, da giorni. Nessuno di loro confidava un lamento. Solo un occasionale sorriso feriva il silenzio dalle labbra.
Allora capii.
Capii da dentro, che il mio semi-conscio boicottaggio della cattura alla foca, aveva avuto un diretto impatto su quello scoglio di sperduta gente.
Avevo portato loro la FAME.
Fame che adesso condividevo anch'io, e che al secondo giorno già non sopportavo più.
Trovata per caso una barretta di cioccolato in una tasca della giacca a vento, me la mangiai di nascosto. Anche se la fame ritornò inesorabile dopo qualche ora. Mangiava lo stomaco e il cuore.
Non mi restò che agire. Avviai il motore della lancia per tornare a Tasiilaq. Andavo a prendere qualcosa da mangiare per quella povera gente. Mi ci vollero giorni per andare e ritornare. Al mio ritorno le pance erano ancora più vuote (dopo un'intera settimana), ma c'era ancora un occasionale sorriso su quei volti e il consueto inscrutabile silenzio."

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